È Luca Cesana il protagonista della ventisettesima puntata di Dual & Post Career
Non ci sono punti di arrivo, ma solo nuovi punti di partenza. Luca ha le idee chiare sul proprio futuro: continuare ad investire le proprie energie seguendo la doppia strada da giocatore professionista (attualmente gioca nella UCC Assigeco Piacenza in Serie A2 dove registra 11.2 punti a partita) e diventare psicologo, dopo aver conseguito la Laurea Magistrale come continuazione di quella triennale in Scienze e Tecniche Psicologiche. Il consiglio che dà ai giovani che hanno il sogno di diventare professionisti: una sconfitta non è una partita persa, ma un’occasione per migliorare.
1) Più difficile segnare 46 punti con 13 triple oppure laurearsi in psicologia?
Decisamente segnare 46 punti con 13 triple! La psicologia è una disciplina che mi ha sempre appassionato e affascinato. Ci sono stati certamente momenti difficili, ma il fatto che mi piacesse ha reso tutto più semplice.
2) Contemporaneamente alla tua attività di giocatore, hai intrapreso il percorso della Dual Career, un fenomeno sempre più frequente nel movimento e in generale nel mondo dello sport. In che modo ti sta arricchendo questo percorso universitario come giocatore e come uomo?Come giocatori di pallacanestro abbiamo spesso una visione della vita ridotta a quello che succede in un campo da basket o al massimo a ciò che lo riguarda. Personalmente avere interessi oltre alla pallacanestro mi aiuta ad avere una visione più ampia e maggiore consapevolezza di ciò che mi potrebbe appassionare, oltre a capire cosa vorrei fare a fine carriera. Perché purtroppo la carriera del giocatore prima o poi arriva ad una fine.
3) Sappiamo che la tua laurea in scienze e tecniche psicologiche è stata solo un primo step, infatti è da poco arrivata anche la laurea magistrale! Ci racconti cosa farai adesso e quali sono i tuoi progetti per il futuro, fuori dal campo?
Parto dicendo che per me al primo posto rimane sempre la pallacanestro e ho ancora tanti sogni e obiettivi da realizzare, perciò la maggior parte delle mie risorse e attenzioni va lì.
Per quanto riguarda le mie attività fuori dal campo, in primo luogo ho intenzione di abilitarmi alla professione di psicologo. Poi voglio continuare a specializzarmi in psicologia dello sport collaborando con delle società sportive a livello giovanile. Infine mi piacerebbe scrivere un libro o tenere dei corsi. Insomma, fare un po’ di tutto con l’obiettivo di mettermi in gioco contribuendo a migliorare la qualità della vita delle persone.
4) Cosa ti senti di consigliare ai tuoi colleghi più giovani che hanno iniziato da poco la carriera da professionisti?
Seguite il vostro sogno e credete fortemente in quello che state facendo. Allo stesso tempo però coltivate altre passioni, nella vita non c’è solo una cosa. Noi non siamo solo giocatori, identificarsi solo in un ruolo è pericoloso. Perciò è fondamentale studiare, formarsi e mettersi in gioco. Vi sarà capitato un sacco di volte di perdere una partita o giocare male e purtroppo capiterà ancora. La vita dello sportivo è così. Rimanere incazzati e delusi è giusto fino al punto in cui non compromette altre aree della vita. La tristezza è un’emozione e in quanto tale temporanea, l’infelicità è una scelta. Rimanere tristi e frustrati va bene per il tempo che serve, non lasciate che condizionino il resto della vostra settimana. Riguardate i video, parlate con lo staff e con i compagni, siate umili e chiedete cosa potete fare meglio, in campo e fuori. Gli errori non vi definiscono, da ogni sconfitta c’è qualcosa da imparare per poter crescere e migliorare.