Sul quotidiano “la Gazzetta dello Sport” di mercoledì 2 novembre 2016, ampia intervista di Francesco Pioppi a Pietro Aradori e Riccardo Cervi, atleti di Reggio Emilia.
Il giorno dopo la pubblicazione sul giornale, la rilanciamo integralmente invitandovi a leggerla.
ATTENTI A QUEI DUE
Aradori & Cervi coppia da sogno
«A Reggio c’è tutto per fare bene»
I due azzurri vivono un grande momento.
Pietro: «La fascia mi ha dato ancora più stimoli».
Riccardo: «Finalmente sto bene, ma non sono certo arrivato».
Attenti a quei due. Nella Reggio Emilia a tinte azzurre lanciata all’inseguimento di Milano, c’è una coppia che sta correndo veloce verso il nirvana cestistico. Con la fascia di capitano al braccio Pietro Aradori sta mostrando una maturità tecnica ed emotiva senza precedenti, mentre Riccardo Cervi che ha appena ritoccato il proprio massimo in carriera (20 punti con 9/12 dal campo) regala flash da dominatore dell’area. I 46 punti messi assieme nella vittoria con Trento sono il certificato di un’intesa telepatica che fa sognare i tifosi emiliani.
Pur avendo età diverse siete stati considerati talenti inespressi rispetto al potenziale. Ora state giocando la miglior pallacanestro della carriera, perché proprio qui ed adesso?
Aradori: «Non mi era mai stato detto di essere un talento inespresso visto che quando sono venuto fuori a Biella avevo appena 18anni, ma ci può stare. Qui a Reggio ci sono tutte le componenti che servono per fare bene e la fascia di capitano mi sta dando ancora più responsabilità e stimoli».
Cervi: «Ho avuto un processo di crescita tortuoso con 4 interventi alle ginocchia e ogni volta perdevo un’estate in cui potevo essere in Nazionale o a lavorare per migliorare. Finalmente sto bene, vengo da una stagione fuori (ad Avellino, ndr.) che mi ha dato tanto, ma posso fare ancora meglio: non mi sento certo arrivato».
Grazie alla Nazionale non è la prima volta che giocate assieme, ma l’esperienza di club sta esaltando la vostra intesa: istinto o applicazione quotidiana?
A: «Tutte e due le cose, con Ricky ho sempre avuto un’ottima intesa, sin dalle prime volte in cui ci siamo incontrati in azzurro. Il fatto di poterci poi lavorare quotidianamente sta aumentando la nostra chimica e continueremo a farlo, senza fermarci».
C: «C’è un’ottima comunicazione, ci parliamo sempre anche in allenamento e cerchiamo le spaziature ideali, l’intesa è istintiva ma alla base c’è il dialogo».
Assieme a Tonut siete gli unici italiani fra i primi 15 per valutazione statistica (Aradori è 4° con 21, Cervi 15° con 16.2), un dato poco incoraggiante e che deve fare riflettere.
A: «Fosse solo questo il problema… Sono anni che è iniziato questo processo, vedi partite in tv in cui per un quarto intero non c’è nemmeno un italiano che gioca. Bisogna lavorare meglio sui vivai e poi ci vuole il coraggio di farli giocare questi ragazzi, di farli sbagliare e quindi di farli crescere, se no è finita».
C: «Sottoscrivo tutto e aggiungo che molte volte gli stranieri che vengono da noi non sono tutti fenomeni e hanno sicuramente meno attaccamento alla maglia rispetto ad un italiano».
Quando si affronta un campionato in cui tutti danno per scontato che alla fine vincerà Milano, dove si trovano le motivazioni?
A: «Dentro di noi, guardandoci allo specchio per fare meglio dell’anno scorso e andare contro i pronostici. L’Olimpia è sicuramente favorita, ma è tutto da dimostrare sul campo».
C: «I valori vanno dimostrati sul campo e poi fare bene significa porre comunque le basi per il futuro, a me per esempio manca tantissimo l’Eurocup e voglio tornare a giocarla il prima possibile».
Qual è la cosa che Aradori fa meglio su un campo da basket e qual è quella che fa meglio Cervi? Rispondete ovviamente a parti invertite.
A: «Riempire l’area in difesa e stoppare, ma anche “rollare” verso il canestro per schiacciare o finire al volo».
C: «Ha un istinto per il canestro impressionante, in attacco inventa delle cose clamorose che ti lasciano a bocca aperta».
Chi sono i vostri idoli dentro e fuori dal rettangolo di gioco?
A: «Non fanno parte del panorama basket e purtroppo entrambi non ci sono più: Marco Pantani e Jonah Lomu».
C: «Non ne ho qualcuno in particolare, ma cerco di leggere tante biografie di sportivi o di uomini che hanno lasciato il segno nella nostra civiltà».
Il momento più esaltante e quello più difficile della vostra carriera.
A: «I più difficili direi le eliminazioni al 1° turno di Coppa Italia prima con Cantù e poi con Reggio, di belli ce ne sono tanti: la vittoria contro la Spagna all’Europeo, gli scudetti con Siena e la Supercoppa con la Grissin Bon».
C: «La vittoria della Legadue con Reggio è stata la prima emozione forte che mi ha dato il basket e lì ho capito davvero che quella era la mia strada, perché non sai davvero quanto sia bello vincere fino a quando non lo provi e dopo non vuoi più accontentarti. Quello più brutto ad Avellino quando in casa abbiamo perso il derby con Casetta di 25, eravamo ad un bivio e siamo riusciti a girare subito dalla parte giusta altrimenti sarebbe finita male: l’ambiente era infuocato».
Messina guiderà ancora la Nazionale per cercare il riscatto all’Europeo, è l’ultimo grande treno per questo gruppo?
A: «Ultimo treno speriamo di no, sicuramente è un momento importantissimo e credo che Petrucci abbia fatto un’ottima scelta con Messina, è presente nonostante sia dall’altra parte dell’Oceano: scrive, chiama, manda mail. Con più tempo rispetto alle due settimane avute per preparare il Preolimpico credo si possano fare davvero grandi cose».
C: «La chiave sarà il tempo in più per cementare l’intesa, io sono fra i più giovani, ma sono consapevole che come gruppo può essere una delle ultime occasioni per dare un segnale forte dopo quella terribile eliminazione con la Croazia».
Pietro Aradori e Riccardo Cervi.
[Basketinside.com/Roberto Pistilli]
GIBA – Giocatori Italiani Basket Associati