Sul quotidiano “Corriere dello Sport” di martedì 15 novembre 2016, intervistato da Andrea Barocci, Amedeo Della Valle parla della sua Reggio Emilia e del numero di stranieri utilizzabile nella massima serie.
Il giorno dopo la pubblicazione sul giornale, rilanciamo integralmente questo interessante articolo, invitandovi a leggerlo.
DELLA VALLE
«Sette stranieri liberi? Pazzia!»
L’asso della Reggio anti-Milano: «Di cinque italiani, ne giocherebbe davvero uno solo»
Il nostro campionato vive di contraddizioni. Prendete Reggio Emilia, ad esempio: veniva da due finali consecutive, eppure ad inizio stagione non era troppo considerata. «Senza i lituani Lavrinovic e Kaukenas, e con nuovi stranieri di livello non certo eccelso, non avrà vita facile», dicevano. La classifica di serie A invece dice che la Grissin Bon ha una sola sconfitta (allo scadere a Caserta), ed è l’unica che sembra tenere il passo di Milano con una squadra costruita essenzialmente sugli italiani. Come Aradori, Cervi, Polonara, De Nicolao. E come Amedeo Della Valle, guardia che domenica ad Avellino ha fatto 6/11 da tre punti…
Della Valle, perché ci si stupisce per i vostri risultati?
«A me non sembra che Reggio sia una sorpresa: non si entra in finale per due anni di fila solo per caso. Il discorso riguardante Kaukenas, Lavrinovic e anche Veremeenko era forse giustificato, visto che per loro era nata una specie di venerazione. Tutti pensavano che senza loro non avremmo potuto fare molto. Noi però eravamo consapevoli delle nostre qualità, e sapevamo che ai nuovi arrivati, non esperti del campionato, occorreva del tempo per inserirsi nel nostro sistema. Ci abbiamo messo una sola partita, la prima persa a Caserta…».
È dura essere un giocatore italiano in una serie A con così tanti stranieri?
«È dura come in tanti aspetti della vita in Italia. Ma non deve essere una scusante. Noi di Reggio Emilia siamo e dobbiamo essere un esempio per le generazioni più giovani, un punto di riferimento. Facendo vedere come siamo realmente sul campo, sapendo che nessuno è perfetto. Gli italiani costano troppo rispetto agli stranieri? Chi lo dice non sta nelle parti alte della classifica… E poi, faccio un esempio, quello di Iannuzzi (l’ala 25enne di Capo d’Orlando che ha segnato 19 punti nel successo contro Cremona, ndr): non credo che abbia imparato a giocare a basket solo quest’anno, e non costa 1 milione di euro. Semplicemente, qualcuno l’ha cercato, ha creduto nelle sue qualità e lui ha risposto. Troppo facile cercare scuse sui costi. I nostri club dovrebbero rischiare di più sugli italiani».
Come ha fatto Reggio Emilia con lei nel 2014?
«Io venivo dal successo agli Europei under 20, ma anche da un’annata ad Ohio State dove non giocavo quasi mai, e per di più ero un rookie in A. La sentivo la gente dire “Sarebbe stato meglio se fosse prima andato in A2…” e io dentro di me, mi ripetevo: “Ma almeno fatemi provare”».
La Legabasket vuole chiedere alla Fip di passare alla formula 7 stranieri liberi da vincoli di passaporto più 5 italiani. Poi più probabilmente ci si accorderà per un 6+5. Però…
«Sono dei pazzi, se pensano ad un 7+5. Non ha senso: dei 5 italiani ne giocherebbe alla fine solo uno!».
Lei a 23 anni sta facendo passi da gigante. Dica la verità: non disputare una Coppa alla fine aiuta?
«Non credo. Viaggiare durante la settimana può creare qualche scompenso, ma Sacripanti, coach di Avellino, dopo la sconfitta di domenica con noi ha dichiarato che non erano stati penalizzati per aver giocato in Champions. Questo gli fa onore. Dal canto nostro, comunque, riusciamo ad allenarci meglio. Io ho la possibilità di curare certi aspetti del mio gioco, mettendoci più attenzione. Il mio è un ruolo di finalizzatore insieme con Aradori, cerchiamo di variare le nostre soluzioni offensive. Perché se ci si focalizza troppo su un solo aspetto del basket, si diventa solo degli specialisti. E non si migliora».
GIBA – Giocatori Italiani Basket Associati