Ieri, Raffaella Masciadri ha tagliato il traguardo delle 600 partite in Serie A1.
La Capitana della Nazionale e di Schio aggiunge questa chicca ad un palmares eccezionale, che a livello di club finora conta 13 Scudetti, 8 Coppe Italia, 7 Supercoppe, 1 Eurocup, oltre agli allori vinti in Azzurro e all’esperienza oltreoceano nella WNBA con le Los Angeles Sparks.
Raffaella Masciadri è anche Consigliera in seno al Direttivo GIBA e si adopera da anni per il miglioramento generale del basket femminile.
Dopo le 600 presenze, le abbiamo fatto qualche domanda. Ecco l’intervista.
Raffaella, hai una dedica per questo traguardo?
«A mio papà Luigi, perché è stato lui che mi ha portato sulla strada del basket. Senza la sua spinta, non sarei arrivata a giocare 600 partite in Serie A1».
Com’è cambiato il basket, da quando hai iniziato a giocare… e come sei cambiata tu?
«Il basket si è fatto più fisico rispetto a qualche anno fa, quando l’aspetto tecnico magari prevaleva. Oggi non si vive di sola tecnica, ma di fisico e atletismo. Per quanto mi riguarda, sono cresciuta negli anni sia sotto il profilo della responsabilità – aumentando i minuti giocati – sia per quanto riguarda il mio incidere in campo sia, infine, a livello tecnico e a livello umano. Ho sempre lavorato e lavoro tanto, perché non bisogna mai accontentarsi e anzi sempre sfidarsi, ponendosi obiettivi nuovi a ogni nuova stagione, per superare i propri limiti e far sì che l’ultima annata vissuta sia sempre la migliore possibile».
Chissà quanti ricordi, in 600 gare. Ce n’è uno più importante di tutti gli altri?
«Direi che ho due ricordi su tutti gli altri. Il primo Scudetto vinto con la Pool Comense, perché non sapevo cosa volesse dire vincere il Tricolore e quindi ricordo l’attesa e tutto quello che ho fatto per raggiungere quell’obiettivo. Poi, siccome mi è piaciuto talmente tanto, mi sono detta che dovevo vincere quanto più possibile e mi sono rimessa al lavoro, per provare ancora quelle emozioni speciali. Quindi il secondo ricordo è il primo Scudetto vinto a Schio, perché era il primo, perché era una squadra nuova con tanti punti interrogativi, perché era una società che non aveva mai vinto prima. Non potrò mai dimenticare la gioia emanata dai tifosi e dal Presidente Cestaro».
Laureata e campionessa. Come si coniugano studio e lavoro con sport di altissimo livello?
«Sembrerà un paradosso, ma devo dirti che lo sport mi ha molto aiutato parlando del binomio scuola/lavoro, perché lo sport ti porta a essere organizzata, selettiva, fare scelte di vita e saperti gestire al meglio nei momenti di libertà fuori dalla palestra. Insomma: fare sport mi ha aiutato anche a studiare meglio. E poi, da sempre, penso che prima o poi il campo finirà e io voglio arrivare a quel giorno pronta, avendo qualcosa in mano per entrare nel mondo del lavoro. Qualche sacrificio, è innegabile, negli anni è stato fatto per fare tutto, ma sono sincera: l’ho sempre fatto con la massima tranquillità. Questo, magari, significa finire l’università in 5 anni invece dei 3 del corso, ma anche in questo caso l’importante è non mollare e raggiungere gli obiettivi che si hanno in mente».
A proposito di impegni da far coincidere: Capitana dell’Italia, Capitana di Schio, “Capitana” della GIBA per quanto riguarda il basket femminile. Come si gestisce questa tripla responsabilità?
«Essendo di esempio, restando se stessi dentro e fuori dal campo, senza strafare né snaturandosi bensì lavorando duro. Fortunatamente, sono tre impegni che hanno i loro specifici periodi, questo significa che la Nazionale assorbe più tempo d’estate, mentre il club nei restanti mesi. Sono comunque tutte responsabilità importanti, che mi inorgogliscono. Per quanto riguarda il mio ruolo come consigliera della GIBA, non finirò mai di ringraziare Alessandro Marzoli e Mario Boni, perché mi hanno coinvolto in un ruolo che può essere assimilabile a quello di una capitana, fuori dal campo e parlando di diritti e tutele del basket femminile. Sto lavorando per convincere tutte le atlete a iscriversi alla GIBA, spiegando loro che è importante farlo proprio quando non ci sono problemi, per lavorare a miglioramenti continui come dimostrano i progetti che stiamo portando avanti. Adesso abbiamo un sogno, che però spero sia realizzabile: quello di avere una tutela per la maternità, cosa importantissima per noi donne. Ci stiamo lavorando e… spero di essere una buona capitana anche in questo ambito».
Raffaella Masciadri e il futuro: con il tuo palmares, come si fa a trovare sempre nuove motivazioni?
«Ti spiego come faccio io: dopo ogni stagione, resetto. Archivio e conservo tutto quello che c’è stato di bello e di brutto nella memoria, ma libero la mia parte di attenzione per ciò che devo fare nel presente e guardando al futuro. Dopo ogni sconfitta mi rialzo, dopo ogni vittoria non mi sento appagata. C’è sempre qualcosa da fare, l’asticella dei propri limiti si può sempre alzare, perché ogni stagione ci sono nuove giocatrici, più giovani di te e sempre più forti, che ti spingono a lavorare sempre un po’ di più per restare competitiva ai massimi livelli. Insomma: prendo ogni allenamento come una partita e ogni partita come se fosse la più importante di tutte».
GIBA – Giocatori Italiani Basket Associati